A 76 anni da quella che fu la sanguinosa presa dell’Italia da parte degli Alleati, è giunta l’ora di ridare un senso alla ricorrenza del 25 Aprile poiché di quei fatti non restano oggi che stanchi rituali di commemorazione.
Quello che attualmente non è negabile è il poco entusiasmo che circonda questa ricorrenza, io ne attribuisco la responsabilità a chi nei decenni ne ha fatto una festa di bandiera. È difatti facilmente riscontrabile nella realtà quanto a chiacchiere tutti invochino unione intorno a questo simbolo nazionale, mentre con i fatti si è sempre impedita la costruzione di una memoria libera e condivisa che un simile appuntamento avrebbe dovuto comportare.
Bando alle ciance, non ho intenzione di impelagarmi nella solita contrapposizione fascisti/antifascisti che già troppo tempo mi ha rubato nella mia gioventù, voglio piuttosto evidenziare le contraddizioni di chi oggi si riempie la bocca di parole come “liberazione” oppure “tirannia”, per poi sostenere il più rigido dispotismo del pensiero unico intrinseco dei tempi moderni, con tanto di manganello censore che batte sulla schiena di chi la pensa diversamente.
Il senso della liberazione dei tempi moderni deve necessariamente partire da un concetto che già avrebbe dovuto appartenere al 25 Aprile, e mi riferisco alla Giustizia Sociale, grande assente delle agende politiche di tutti i governi che fino ad oggi si sono susseguiti. Basta dare infatti una rapida occhiata alla moderna società per notare come i diritti sociali siano stati di fatto soppressi. La debolezza dello stato sociale in Italia, ha reso ancora più dolorose le sferzate della crisi da covid.
La precarizzazione e l’esasperata flessibilità del mercato del lavoro hanno creato nuove forme di povertà e di schiavitù. Il crollo dell’economia capitalistica di fatto non più sostenuta dal settore pubblico, ha avuto come effetto il crollo dei consumi e la drammatica formazione di un fiume di disoccupati, mentre la nazione è in attesa della fine del blocco dei licenziamenti che, parlando con ottimismo, ne raddoppierà il numero.
Lo stillicidio della sanità pubblica non ha potuto che aggravare la già critica situazione dei nostri ospedali e del sistema creato a tutela della salute pubblica. Non commento ulteriormente le nefaste conseguenze poiché la catastrofe che ne è derivata è sotto gli occhi di tutti.
I tagli alla pubblica istruzione hanno gettato i presupposti per la chiusura di plessi scolastici o per l’accorpamento di istituti che prima erano diversamente dislocati sui vari territori. La mancata assunzione di personale da dedicare all’insegnamento ed alla cura della scuola ha favorito di fatto la formazione di classi pollaio e il perdurare di condizioni di invivibilità ed inefficienza.
I trasporti pubblici sono in ginocchio per l’atavica scarsità di fondi ed investimenti che ne hanno minato la qualità del servizio, tant’è che per non favorire il proliferare dei contagi nei treni e negli autobus, le autorità locali sono state costrette a chiudere le scuole.
I continui colpi alla previdenza sociale, e non mi riferisco soltanto alle pensioni ma agli stati particolari di malattie o gravidanze dei lavoratori e delle lavoratrici non sono per nulla consoni ad una nazione civilizzata come la nostra ed offendono la natura umana delle persone.
Questa lista di diritti sociali oggi di fatto ostacolati o del tutto negati è più lunga, ma io mi fermo qua. Questi diritti sono tutti impliciti nella Costituzione Italiana che è nata proprio dall’essenza di quel 25 Aprile, pertanto non faccio fatica ad indicare come ipocrita quello stuolo di cittadini, siano essi nei ruoli di vertice del mondo politico o anche socioeconomico, che nelle varie frange ultrà che costituiscono oggi il mondo globalista del pensiero unico neoliberale.
Essi si dichiarano figli della resistenza e difensori della democrazia, agitano la Costituzione un giorno sì e l’altro pure, ma della Carta costituzionale amano soltanto la parte posticcia inserita da Monti nel 2012 che riguarda il pareggio di bilancio. Essi non sono patrioti bensì adoratori del vincolo esterno!
Ci risparmino pertanto le varie commemorazioni ed i vari moniti di circostanza che da più parti ogni anno si levano. Tacciano, e così facendo rispetteranno veramente la morte delle persone di cui vorrebbero onorare la memoria.
Sono certo infatti che se quei caduti tornassero dalle tombe, guardandosi intorno e notando che tipo di società è nata dalle menti dei loro successori, non esiterebbero a cercarli per prenderli tutti a calci nel sedere.