Il 2 Luglio 1925, esattamente 95 anni fa, nasceva Patrice Lumumba, fondatore del primo partito puramente nazionale che si riproponeva di portate il Congo alla sua sovranità, liberandolo dal giogo del colonialismo e dell’imperialismo occidentali.
Il 30 Giugno 1960 Lumumba vinse le elezioni e fu proclamato Primo Ministro del Congo, fino ad allora colonia belga alle dirette dipendenze del sovrano Leopoldo II, oggi Repubblica Democratica del Congo. Non ebbe neanche il tempo per insediarsi poiché con un discorso memorabile si inimicò istantaneamente le autorità coloniali. Riporto di seguito un estratto del suo discorso da cui sprizza pura libertà e voglia di autodeterminazione. Nel suo discorso Lumumba non manca di inchiodare alle proprie responsabilità gli autori di gravi crimini contro il popolo del Congo come la schiavitu, lo sfruttamento ed il saccheggio, e la grave sottrazione di sovranità costituita dall’imposizione di un autorità estranea a seguito dell’invasione da parte di forze straniere.
«Siamo orgogliosi sino nel più profondo del nostro animo, di aver dato vita ad una lotta che è stata di lacrime, sangue e fuoco, perché si trattava di una lotta nobile e giusta e necessaria per porre termine all’umiliante schiavitù che ci hanno imposto con la forza. Questa è stata la nostra sorte in ottant’anni di regime coloniale e le nostre ferite sono troppo fresche e dolorose per poter essere cancellate dalla memoria. Potremo dimenticarcene noi che conosciamo il lavoro estenuante che non ci permette di soddisfare la nostra fame, vestire e abitare con dignità, educare i nostri figli come si richiede? Chi dimenticherà che al “negro” si dava del tu, non come ad un amico, ma perché il dar del voi era riservato unicamente ai bianchi? Noi che abbiamo visto saccheggiare la nostra terra in nome di principi falsamente legali che riconoscevano solo il diritto del più forte? Noi che abbiamo visto come la legge non era mai la stessa, ma diversa per i bianchi e per i negri, correggibile quando si applicava ai primi, crudele e inumana per i secondi? Noi che abbiamo conosciuto le sofferenze atroci di coloro che sono disprezzati per la loro opinione politica o per la loro fede religiosa: esiliati nella nostra stessa patria, con una sorte peggiore della stessa morte? Uniti, fratelli miei, cominciamo una nuova lotta, una lotta sublime che deve portare il nostro paese alla pace, alla prosperità, alla grandezza. Noi stabiliremo, uniti, un regime di giustizia sociale e assicureremo a ciascuno la giusta retribuzione per il suo lavoro. Noi dimostreremo al mondo ciò che può fare il negro quando lavora in libertà e faremo del Congo un centro che irradierà luce su tutta l’Africa».
Questo discorso pronunciato durante la cerimonia di indipendenza, alla presenza del Re del Belgio e di altre autorità occidentali non piacque alle ex autorità coloniali ed il povero Lumumba forse sapeva a cosa andava incontro pronunciando quelle parole. Sinceramente credo che il passaggio più scioccante sia stato proprio quello sulla giustizia sociale e sulla giusta retribuzione che a tutti gli effetti rappresentavano delle dichiarazioni di guerra verso quelle multinazionali che avevano il progetto di sostituirsi agli Stati coloniali e che tuttora detengono il potere di continuare a sfruttare le risorse del continente nero, sfruttamento che poi è alla base dell’origine del fenomeno migratorio di cui tutti ben sappiamo.
Dopo pochi giorni dall’insediamento, Patrice Lumumba fu destituito ed insieme a due suoi collaboratori arrestato. L’azione fu condotta dai soldati congolesi, ma la regia era esclusivamente occidentale ed in capo alla CIA ed alle autorità belghe le quali mal sopportavano quel primo ministro sostenitore di valori come giustizia sociale e giusta paga.
Lumumba dopo l’arresto fu condotto in Katanga, una regione scissionista nemica del Congo, guidata da un governo fantoccio di collaborazionisti belgi dove il 17 Gennaio 1961 venne giustiziato, scaraventato in una fossa, disseppellito per essere squartato ed i resti definitivamente sciolti nell’acido.
Lumumba è stato eliminato, come confermano i documenti d’archivio belgi e del Dipartimento di stato americano perché minacciava la transizione, tra il nascente patto fra poteri economici internazionali ed i potentati locali. Di lui non doveva restare nulla se non il ricordo su misura che i suoi successori, tutti dittatori al soldo degli occidentali, volevano circolasse per rafforzare ancora di più il proprio potere ed utilizzare a proprio vantaggio la memoria distorta di colui che fu il primo ed unico capo di stato democraticamente eletto del Congo.