Come terzo capitolo sella saga del discorso di insediamento del presidente Draghi, ho scelto di scrivere riguardo alcuni passaggi che mi hanno particolarmente colpito, concernenti l’ambiente.
Sull’ambiente si è già speculato abbastanza in una sola settimana, che tra l’altro è stata quella precedente alla formazione del governo. Tutti abbiamo assistito ad una stucchevole diatriba riguardo il cosiddetto “superministero” che avrebbe dovuto inglobare ambiente, trasporti ed infrastrutture e sviluppo economico che alla fine della fiera si è rivelato essere la più classica delle supercazzole.
Checché ne pensino gli esponenti del Nuovo Partito Unico Europeista (NPUE) che riunisce sotto lo stesso tetto partiti che nel giro di anni, mesi, settimane, giorni ed ore hanno cambiato più versioni di se stessi che mutande, le tematiche ambientali per le oligarchie sono un piatto troppo ghiotto per lasciarlo regolamentare a loro. Il cosiddetto “Gren new deal” infatti altro non è che il tentativo da parte di chi ha iper sfruttato le materie prime di questo pianeta, di rinnovarsi e rigenerarsi con una lavata di faccia, magari con qualche investimento pubblico.
Insomma, un’altra via per perpetuare il sistema, un altro modo per mettere in condizione chi ha tanto di avere sempre più e chi a poco di avere sempre meno. In poche parole la creazione di un’alternativa ad un sistema che crolla, proposta ed ideata dagli stessi protagonisti di quello che sta crollando.
Alla fine infatti deciderà Draghi, e lo farà con lo sguardo fisso rivolto alla costruzione di un futuro che, lo dico per l’ennesima volta, non mi piace in quanto iniquo e non solidale.
Al Senato nel giorno della fiducia Draghi ha detto: “La risposta della politica economica al cambiamento climatico e alla pandemia dovrà essere una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito, e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create.”
Come non intravedere nelle sue parole la mente di un tecnocrate esperto di materie finanziarie e poco avvezzo ai risvolti sociali che sono insiti nelle tematiche ambientali? Come fare per far sì che questi animali dell’alta finanza capiscano che non tutto può essere ricondotto ad un mero discorso che viaggia sul binario perdite/ricavi? Possibile che per Draghi e per gli altri potenti, il fatto di poter respirare aria pulita possa essere una cosa buona e giusta senza necessariamente doverci perdere o guadagnare danaro?
Voi mi chiederete adesso quali allora siano a mio avviso delle politiche ambientali che possano essere considerate a misura d’uomo e finalizzate alla costruzione di un mondo giusto con ecosistemi in pace tra loro.
Ebbene la ricetta non è semplice e la vera difficoltà non è tra i meccanismi che si andrebbero concretamente a mettere in funzione, ma perché essi andrebbero ad incidere in maniera molto significativa sui nostri usi e i nostri costumi, minando definitivamente il nostro concetto di “comodità”. Tuttavia è inutile girarci intorno, abbiamo compromesso l’ecosistema in maniera tale che per riportare le lancette indietro dovremo essere pronti al sacrificio e chiunque, ricco o meno ricco, potente o servo, politico o tecnico vi venga a dire che non è così, mente sapendo di mentire e certamente agisce per nome e per conto di quelli che il mondo l’anno distrutto.
Innanzitutto bisogna partire dal fatto che quando si parla di ambiente non c’è un solo risvolto della vita che sia escluso: tutti gli elementi della nostra quotidianità sono interessati e non bisogna cadere nell’errore di confondere il vasto universo delle politiche ambientali con singoli elementi che lo possono comporre, come ad esempio l’ecologia. Sarebbe come dire che la Terra ed il Sistema Solare sono la stessa cosa.
Sul nostro pianeta tutto è connesso ed ogni fenomeno accade come conseguenza di una nostra azione. Il maltempo, le ondate di calore, i disastri e tutti quelli che una volta chiamavamo capricci del tempo si sono trasformati in flagelli. Mai come adesso, tutti quei fenomeni che sentivamo o di cui leggevamo e che ci parlavano di clima e cambiamenti climatici forzati dall’inquinamento globale, si sono presentati sull’uscio di casa nostra con tutta la loro irruenza e ci hanno colpito in maniera tale da farci capire che nessuno è più al sicuro. Noi italiani anche in questo siamo stati baciati da Dio e dal destino, in quanto siamo fortunatamente nati in una zona come la nostra, definita dal clima temperato. Altre zone del mondo però sono testimoni da prima di noi di quello che può accadere quando si supera il limite e si sfida la natura. Le mareggiate, i diluvi, le ondate di calore una dopo l’altra che abbiamo dovuto subire non sono casuali, sono solo l’antipasto di quello che verrà e che in altri punti del globo già si sta verificando. Gli elementi stanno facendo di tutto per aiutarci a comprendere che siamo andati troppo oltre. Dobbiamo rallentare, dobbiamo decrescere.
Se potessi fare anche io un discorso di insediamento come ha fatto Draghi, lo dedicherei soprattutto all’ambiente ed ai cambiamenti climatici, ma lo farei ovviamente a modo mio, evitando tutti quei luoghi comuni e quelle logiche commerciali del “gretinismo” e similari. Tutti la consideravamo una tematica distante e riguardante zone lontane da noi ma, come era ampiamente prevedibile, ci siamo trovati addosso i risultati dell’inquinamento globale con tutta la loro veemenza.
Mi alzerei, schiarirei bene la voce e direi che la prima cosa da fare sarebbe rallentare, defluire, calare il ritmo ed iniziare a porci dei limiti, partendo magari dalla circolazione delle merci, investendo per produrre localmente, nella filiera corta quei beni di consumo che oggi importiamo.
Chiederei di razionalizzare la circolazione delle persone usando come metro di giudizio la qualità della vita, introducendo il principio reale della sostenibilità, smettendo di parlarne come se fosse un valore astratto attribuendo ad essa un dato certo.
Chiederei di ridurre la circolazione dei capitali e di tutti quei prodotti finanziari che avvelenano l’economia reale ed escluderei dalla nostra quotidianità tutte quelle arzigogolate architetture finanziarie che non hanno nulla a che fare con la gente, restituendo ai cittadini il primato, sottraendolo ai mercati.
Chiederei alle istituzioni di adoperarsi affinché si creino i presupposti per lavorare a due passi da casa, vicino ai propri cari, reintroducendo il valore estinto dell’appartenenza alle proprie radici che il sistema neoliberista vigente ha falcidiato e sacrificato al dio della globalizzazione, il quale dietro al cosmopolitismo nasconde lo spettro del nichilismo.
Chiederei allo Stato di orientare i suoi investimenti verso la piccola e media impresa, con particolare attenzione a quelle che valorizzano il territorio in cui operano, archiviando qualsiasi discorso riguardante la “distruzione creativa“.
Chiederei a chi amministra il territorio di investire pesantemente sul trasporto pubblico eco-sostenibile, in modo da far sì che il cittadino si possa muovere sul territorio a basso costo ed a basso impatto ambientale.
Chiederei la tassazione di tutte quelle multinazionali che con la loro potenza economica e la loro influenza politica inondano il nostro vivere quotidiano di roba inutile.
Tasserei infine i grandi giganti del web che fatturano montagne di denaro e versano zero allo Stato e quindi zero per i servizi.
Insomma farei l’esatto contrario di ciò che faranno Mario Draghi e tutti i suoi omologhi occidentali. Fino al ventesimo secolo, le generazioni che si sono susseguite hanno sempre lavorato per lasciare ai propri figli un mondo migliore rispetto a quello che avevano ereditato. Lo sviluppo, la tecnologia, il progresso sono sempre stati affrontati in maniera armonica con il pianeta. Se anche noi vogliamo continuare la tradizione, dobbiamo fermare questa folle corsa al consumo, questa grande allucinazione collettiva che ci conduce giorno dopo giorno verso un’apocalisse climatica che causerà danni enormi a moltitudini di genti e vantaggi infiniti a una ristretta cerchia di persone.
Che fare quindi amici? Dire: “Sveglia” sembra facile. È la presa di coscienza, in questo mondo dominato dai media, dalla pubblicità e dai cattivi esempi che oggi, sempre più, appare per quello che realmente è: un’impresa impossibile.