Avrete certamente letto la notizia riguardante lo studio realizzato da alcuni studiosi tedeschi, i quali hanno effettuato una proiezione della ricchezza degli stati europei alla data attuale, ipotizzando che la moneta unica non fosse mai esistita. Utilizzando alcuni parametri statistici e prendendo come modello altri paesi che non sono nella zona euro e che si avvicinavano venti anni fa alle economie di otto singoli Stati membri: Germania, Olanda, Grecia, Spagna, Belgio, Portogallo, Francia e Italia, è stato creato uno studio che mette in evidenza un ipotetico loro stato di salute.
L’immagine che ne viene fuori è impietosa per noi italiani in quanto, pur trattandosi di una proiezione statistica e pertanto passibile di approssimazione, ci pone all’ultimo posto tra gli otto.
A leggere le cifre, non si può far a meno di restare a bocca aperta: la Germania, dal 1999 al 2017 avrebbe guadagnato complessivamente 1.893 miliardi di Euro, pari a circa 23.116 euro per abitante. Anche l’Olanda, altra nazione dalla tripla A, risulta essere virtuosa; essa difatti ha incrementato di circa 346 miliardi il proprio PIL e cioè di 21.000 Euro pro capite. Per tanti altri Stati invece si sarebbero registrate perdite: l’Italia, nazione che sempre a detta di questo studio più ha risentito dell’introduzione della moneta unica, avrebbe registrato 4.300 miliardi di potenziali perdite, pari a -73.605 euro pro capite. In Francia, le perdite ammonterebbero a circa 3.591 miliardi, pari a -55.996 Euro a testa per ogni cittadino francese.
Invito tutti a leggere queste cifre ma a non considerarle troppo preponderanti rispetto al pensiero successivo; le cifre sono importanti ma come dicevo, sono frutto di una statistica effettuata paragonando più variabili che possono sopraggiungere col passare degli anni, all’interno di un panorama complesso e variegato come quello della UE.
Non fatevi ingannare dai numeri cedendo alla tentazione di credere che l’Italia abbia pagato dazio alla Germania per 74mila euro in venti anni!
Il dato importante da considerare è il fatto che l’Euro si conferma come primo generatore di disuguaglianza all’interno del nostro continente. Questo perché non consente ai singoli Stati di intervenire sul valore moneta per variare il livello di competitività della nazione come si faceva prima. In poche parole, quando fino a venti anni fa una nazione aveva il problema di come rendere i propri prodotti competitivi a livello internazionale, svalutava la propria moneta per favorirne gli acquisti. Da quando invece abbiamo l’Euro, questa operazione ovviamente non è stata più possibile e ciò ha generato una minore crescita economica, una mostruosa disoccupazione ed il successivo calo delle entrate fiscali.
Un altro paese falcidiato socialmente ed economicamente dall’Euro, sempre secondo questo studio, è la Francia, nazione oggi vittima di gravi turbolenze politiche generate dalla progressiva distruzione dello stato sociale voluto da Macron.
E qui arriviamo al vero obiettivo di questo studio che non è di mettere l’Euro in stato d’accusa, ma di far notare un “dettaglio” che avrebbe favorito quel falso mito oggi sempre più ricorrente che è la “crescita”, anche in quelle nazioni che non l’anno avuta. Secondo questo studio, in Italia ed in Francia sarebbero state necessarie delle “riforme strutturali” il che, a sentirlo così, può risultare quasi invitante in quanto chi legge, spesso ignora cosa si nasconda dietro queste due paroline in successione. Dietro questa precisa terminologia si nasconde il “male maggiore” che ci rimanda alle politiche adottate dai governi Monti/Letta/Renzi/Gentiloni: la distruzione del nostro stato sociale, il falcidiamento delle pensioni, l’esasperata flessibilità del lavoro, le privatizzazioni e liberalizzazioni che avrebbero, ed in parte hanno, spogliato lo Stato di ricchezze che prima erano di tutti ed oggi di pochi fortunati, austerità, tagli alla sanità pubblica per incentivare il ricorso a quella privata ed identico discorso per quanto riguarda l’istruzione pubblica a vantaggio di quella privata.
Insomma l’obiettivo è sempre lo stesso, privare i cittadini dei propri diritti sociali per favorire un sistema che crea squilibri enormi. Poi poco importa se la ricetta dell’austerity è sbagliata visto che a seguito delle politiche austere che i summenzionati governi hanno adottato, il debito pubblico non è calato ma si è incrementato. Ciò ha ancora di più favorito lo scopo di arricchire pochi a discapito di tanti.
L’euro è stata solo una trappola per polli ed i polli siamo noi.
Qui trovate lo studio 20 Years of the Euro: Winners and Losers per eventuali vostri approfondimenti.
Il nostro compito è quello di difendere ad oltranza i nostri diritti sociali e di non stancarci mai di considerare la giustizia sociale prioritaria rispetto alla crescita.